ACCADE ORA. IL TEATRO E LA MEMORIA
La memoria dei giusti nelle vie del ghetto
Il 3 febbraio a Verona presso l’Istituto “Alle Stimate” si è svolto un incontro tra 250 ragazze del Liceo statale “C. Montanari” e la Prof.ssa Antonia Grasselli, che è intervenuta, insieme a tre ex alunni del Liceo Scientifico “E.Fermi”(Alessandro Beccari, Federico Reginato e Marco Puppini), per presentare e aprire la discussione sul video “La memoria dei giusti nelle vie del ghetto”.
Il video documenta il percorso narrativo rappresentato il 27 gennaio 2011 a Bologna nelle vie del ghetto ebraico, risultato di un laboratorio di lettura e di scrittura di testi teatrali sul libro di Gabriele Nissim “Il tribunale del bene. La storia di Moshe Bejski l’uomo che creò il giardino dei giusti”.
La dimensione temporale del teatro è il presente. Vicende lontane nel tempo e nello spazio riaccadono davanti ai nostri occhi, non per uno sforzo dell’immaginazione, ma perché sono realmente rivissute. E questo ha un valore per la trasmissione della memoria, ma soprattutto sul piano educativo. L’interiorizzazione, la presa di coscienza, il rapporto con se stessi, sperimentati perché richiesti dalla rappresentazione, sono dinamiche essenziali per la maturazione della persona e non solo per la costruzione della memoria.
La “Pagina di diario” di Anna Pasini, qui di seguito riportata e da lei scritta dopo la rappresentazione, ne è una chiara ed eloquente testimonianza.
Pagina di diario
Abbiamo lavorato tanto per questo 27 gennaio: abbiamo letto, studiato, parlato, organizzato, litigato e alla fine è venuto fuori qualcosa di veramente nostro, qualche cosa che conteneva in ogni sua parte un pezzetto di noi. Tutte le battute, tutte le scene, ogni dettaglio veniva da noi e ogni piccola parte aveva una sua storia: era il frutto del nostro lavoro. Osservare la rappresentazione il giorno della messa in scena, vedere i miei compagni e me stessa recitare, impegnarsi e dare un epilogo a un lavoro che ormai da quasi due anni portiamo avanti è stato emozionante. Ricordo l'ultima scena, quella che mi convinceva meno, che mi sembrava più banale. Guardandola ho avuto la pelle d'oca, e non lo dico tanto per dire: mi sono stupita di quanto il nostro lavoro fosse ben riuscito, di quanto fosse espressivo e di quante idee e sensazioni contenesse e trasmettesse. Sono stata in quel momento veramente fiera e consapevole dell'importanza di quello che avevamo fatto.
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