LUIGI VAROLI UN ARTISTA GIUSTO

Mostra al Museo Ebraico di Bologna dal 23 gennaio al 27 febbraio 2011.

Scarica l’invito

 

“L’ospite anche quando non è atteso, è sempre padrone della mia casa” (L.Varoli)

La figura e l’opera di Luigi Varoli si colloca all’interno di quell’eccezionale esperienza di solidarietà umana e d’impegno civile che Cotignola, un piccolo comune della provincia di Ravenna, ha saputo realizzare negli anni più difficili della Seconda guerra mondiale, quelli seguenti  la caduta del fascismo e l’8 settembre 1943, caratterizzati da una guerra tra italiani e non solo dalla lotta all’occupante tedesco.
E’ necessario ricordare quest’aspetto della lotta combattuta in Italia per comprendere il lascito che ha per noi la memoria di Cotignola, “luogo di rifugio” per ebrei e perseguitati politici, partigiani di passaggio, sfollati dalle città, prigionieri di guerra evasi dai campi di concentramento e perfino fascisti in fuga. La rete dell’ospitalità che gli abitanti di Cotignola hanno saputo costruire ha rappresentato sicuramente un antidoto all’effetto dissolutore del tessuto sociale che le guerre civili provocano inevitabilmente.  Di questa rete il professore - artista Luigi Varoli e il macellaio - commissario prefettizio Vittorio Zanzi, i due “giusti” di Cotignola, sono stati il perno e gli animatori.
 

Lo ricorda Luigi Drei, figlio di Andrea la cui famiglia aveva ospitato Augusta Valabrega, di origine ebraica, insieme al figlio Aldo Muggia, in un incontro che si è svolto presso il Liceo Scientifico “E.Fermi” il 9 febbraio 2005 e di cui pubblichiamo il video. Alla domanda “Cosa si prova a ospitare degli sconosciuti?”, Drei risponde che tali in fondo non erano, perché “l’amico di un amico è sempre un amico” e aggiunge: “Dobbiamo sempre ricordare che queste persone, sia Zanzi sia Varoli, al di là dell’amicizia personale che avevano con mio padre,  e sicuramente anche con altre famiglie, erano uomini di grandissimo carisma, perciò se Zanzi diceva “Ti mando una famiglia che è mia amica”, di conseguenza diventava amica anche della famiglia che ospitava”.

La natura di quest’accoglienza e le modalità in cui essa si esplicava sono documentate e comunicate con grande efficacia dalle lettere scritte, dopo la fine della guerra, dagli ebrei salvati attraverso questa rete di soccorso messa in atto a Cotignola (pubblicate in quest’inserto).
Sul portone di casa Varoli risalta, incisa a tutto campo, la scritta: “L’ospite anche quando non è atteso, è sempre padrone della mia casa”, a testimonianza di una cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità che caratterizzava la gente di Romagna. In questa situazione, Emma Pirani può scrivere: “Nella casa (di Zanzi), e in quella del compianto prof. Varoli, ritrovammo in quei giorni una consonanza ai nostri pensieri ed ai nostri sentimenti, che ci ridonavano quella fiducia nell’umanità, in noi così duramente scossa, che ci aiutò a vivere, quanto gli aiuti materiali”.
Ciò che viene salvata da questa azione di soccorso è l’idea stessa di umanità: “Non ci conoscevano – scrive Aldo Muggia – ma sapevano che eravamo perseguitati ingiustamente, che perseguitarci era una offesa alla dignità umana, che proteggerci era una difesa dell’umanità contro i suoi nemici”.

Il tessuto sociale lacerato può essere così ricomposto attorno e grazie a queste “isole” (isole in un mare d’odio), costituite dalle maglie della rete di soccorso offerta e organizzata dagli abitanti di Cotignola durante la guerra civile italiana. Il futuro nuovo e diverso a cui si aspira , e per cui ci si batte (non vanno certamente dimenticati i collegamenti con le strutture politiche militari della resistenza) ha in esse il suo punto d’origine, la garanzia di una possibile attuazione.

La mostra esposta al Museo Ebraico di Bologna nel mese di gennaio ha il grande merito di focalizzare l’attenzione su Luigi Varoli, un “maestro nel novecento”. Non può esistere dicotomia, infatti, tra la sua opera artistica e la sua azione civile, la sua scelta di collocarsi dalla parte dei “giusti”.
E’ importante quindi coglierne la continuità. Artista poliedrico (concilia pittura, scultura, ceramica), dotato di grande capacità inventiva, suonatore esperto di alcuni strumenti musicali, Varoli scelse di vivere la propria condizione di creativo nella terra delle origini e nei tempi di accentramento artistico del ventennio rappresenta una rara eccezione. Il vero talento, infatti, non può sopravvivere alla perdita della propria integrità morale, che si verifica quando nell’uomo l’attività del pensiero è assente e di conseguenza la capacità di ricordare e di giudicare.
Possiamo quindi accostarci alle opere pittoriche di Varoli con la curiosità di cogliere in esse gli elementi che attestano il suo sguardo libero e appassionato alla realtà delle cose, al loro innato valore, quello stesso sguardo che lo portò a dare all’insegnamento la priorità assoluta e ad accogliere come amici degli sconosciuti che da perseguitati bussavano alla sua porta.
Antonia Grasselli
 

La mostra “Luigi Varoli. Un maestro nel novecento” allestita presso i locali del Museo Ebraico di Bologna dal 23 al 27 gennaio 2011, è l’occasione per pubblicare una serie di materiali raccolti e/o prodotti per la realizzazione del progetto didattico “I salvati e i loro salvatori. Cotignola approdo di salvezza per gli ebrei e i perseguitati politici durante la Seconda guerra mondiale (1943/1945)”, i cui risultati furono esposti nella Giornata di Studio “I Giusti tra le Nazioni. Per una nuova memoria della Shoah” del 4 maggio 2005.

Il progetto
Documenti e testimonianze
M.Bassi, “Cotignola: un approdo di salvezza per gli ebrei e i perseguitati politici durante la guerra (1943/1945)” (in “Testimonianze di fede e carità nel tempo di guerra”, Diocesi di Faenza, Faenza, 1985)
Intervento degli studenti del Liceo Scientifico “E.Fermi” alla Giornata di Studio“I Giusti tra le Nazioni. Per una nuova memoria della Shoah”- Presentazione
Cotignola: i salvati e i loro salvatori. Tavola rotonda (video realizzato da Elena Romito)