I RAGAZZI DELL'ARCOBALENO
Festa della Stroia - Programma
Incontro con Angelica Calò Livnè e con un teatro che comunica la pace.
Cecilia Bussolari
Angelica Calò Livnè sorride. Sorride mentre sale sul palco dell’auditorium dei Filippini, a Bologna, la sera di mercoledì 13 ottobre, proprio a metà della settimana dedicata alla Festa della Storia. E’ una donna piccola, con una nuvola di ricci neri e due grandi occhi scuri, ma soprattutto sorride: con un sorriso bianco e sincero che le disegnano piccole rughe ai lati della bocca, un sorriso aperto e luminoso come se ne vedono pochi di questi giorni e che per questo cattura. Sorride ancora mentre comincia a parlare.
E’ difficile riassumere la vita di una come lei, che è partita a diciannove anni da Roma per trasferirsi in un kibbutz in Israele e che da allora non si è più fermata.
Fisicamente sì, non si è mai mossa da quella che è diventata la casa sua e dei suoi quattro figli; ma, da quando ha deciso che il suo compito era quello dell’educatrice, i progetti che ha ideato e sostenuto non si contano, a partire dall’insegnamento nelle università, in scuole multiculturali, nelle classi di ragazzi con problemi di apprendimento e di quelli con un quoziente di intelligenza al di sopra del normale. Parla a lungo della sua realtà in Israele, che a noi sembra di conoscere così bene grazie alle continue immagini che sfilano davanti ai nostri occhi durante un qualsiasi telegiornale e che invece, ci spiega lei, è percepita in modo così distorto ed erroneo. La realtà di uno stato dalla storia complicata e dalle molte contraddizioni: “Israele è uno dei laboratori multiculturali più riusciti al mondo”.