IL POLIGONO DI BUTOVO

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Il martirio di Butovo

Nel video la cronaca di una visita al Poligono di Butovo, nei pressi di Mosca, un luogo di fucilazione di massa negli anni 37-38, in compagnia di Anatolij Razumov, direttore del Centro “Vozvraščennye Imena” (Nomi restituiti) che ha sede presso la Biblioteca Nazionale Russa di San Pietroburgo. Questa associazione, in collaborazione con Memorial cui fa capo Arsenij Roginskij, lavora, pur fra enormi difficoltà, per conservare la memoria del totalitarismo comunista.
Un viaggio nel passato sovietico per comprendere come vengono costruiti e utilizzati nei regimi totalitari i meccanismi volti a schiacciare l’uomo e a manipolarne la coscienza. Ma anche per capire in che modo invece alcuni riescano a resistere al male e a sottrarsi alla comune disumanizzazione.
Bùtovo è una località a circa 20 chilometri a sud di Mosca. Questo territorio, nel 1934, passò sotto il controllo del dicastero della sicurezza, l’NKVD e nel 1937-38 divenne un luogo di fucilazioni senza precedenti per intensità e numero di condannati: contadini, ex-ufficiali zaristi, invalidi, uomini di chiesa, ‘elementi antisovietici’ in genere, conclusero qui la propria esistenza.
A Butovo furono fucilati anche 29 italiani.
Qui il 3 giugno 1938 venne ucciso Gino De Marchi, il comunista italiano di cui Gabriele Nissim ha raccontato la storia nel libro “Una bambina contro Stalin”.
Nello stesso giorno condivisero la medesima sorte gli italiani Egisto Marchionni, Robusto Biancani e Arnaldo Silva funzionari del PCI, condannati per spionaggio.
Negli anni ’90, quando il KGB ha riconsegnato il poligono alla città, il professor Anatolij Razumov ha partecipato agli scavi e alla ricerca storica.
Questo luogo si presenta oggi come un vasto prato. All’ingresso una chiesa bianca, costruita nel 2004, in parte adibita a museo, dove sono esposti foto e documenti di condannati, oggetti e vestiario ritrovati nelle fosse comuni, quando nel 1997 iniziarono gli scavi.
Rettore e guida spirituale di Butovo è padre Kirill Kaleda, la cui storia personale si intreccia al luogo: il nonno, Vladimir Ambarcumov, animatore, negli anni venti, del circolo studentesco cristiano di Mosca, ordinato sacerdote nel 1927, fu a sua volta fucilato qui il 5 novembre 1937.
Dagli archivi del KGB e dalle ricerche svolte finora sono stati contati 20.761 morti. Uomini e donne, ignari di essere stati condannati a morte, vi venivano condotti di notte, su camionette, ingannati dalla prospettiva di un controllo sanitario. Tutto questo avveniva nel paese dell’utopia socialista, in nome della giustizia e della realizzazione della felicità. “Compagni, la vita si è fatta più allegra, la vita si è fatta più bella” recitava Stalin in quegli anni. Uomini e donne accorrevano nella patria dell’antifascismo, nel desiderio di edificare una società redenta da ogni ingiustizia. Accusati di essere spie, finirono divorati dalle proprie illusioni.
Oggi invece non sono più tanti gli stranieri che approdano qui, nonostante la storia e il senso di questo luogo s’intrecci al passato di molti paesi, e ai miti di cui ci siamo nutriti.
Le folle che visitano Mauthausen, la Risiera di San Sabba, Dachau, Auschwitz, non fanno tappa a Bùtovo. Segno di una generale rimozione e di una irrisolta ambivalenza.
Un video che vuole anche raccontare l’impegno di quanti danno voce e restituiscono dignità a tutti coloro la cui storia è stata negata.
Silvia Golfera

VIDEO

Prima parte

Seconda parte

Terza parte